Temi sociali
Smart Land (… es. Regioni)
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Analogamente al progetto Smart City di evoluzione delle città, anche agglomerati di territori non urbani divengono al centro della gestione di insiemi regionali.
La valorizzazione dei territori non urbani si concentra sui rischi che l'urbanizzazione e la agricolturizzazione possano rappresentare un rischio per lo sviluppo complessivo sostenibile. Se le città sono esposte a povertà, cattiva salute e inquinamento, per le campagne lo spopolamento, il degrado del suolo, la deforestazione possono rappresentare analogamente l'altra faccia della medaglia che aggrava i fenomeni ambientali. E' possibile pervenire a modelli ibridi di sviluppo urbano e rurale sostenibile? L'esperienza di analisi dei dati può venirci in aiuto? Si tratta di approfondire sistemi di sistemi (umani, dei prodotti dell'uomo, progettazioni adeguate, trasformazioni comportamentali, ecc.)
Gli insiemi considerati sono diversi e ampi, ma gli approcci di elaborazione dei dati possono essere simili.
Alla base dello sviluppo di questi insiemi c'è il migliore utilizzo dei dati disponibili e delle statistica, che nella sua accezione originale è la scienza dello stato, quindi a servizio delle realtà urbane e rurali. Lo sviluppo di aree rurali agevola le Smart city, non sempre le Smart city agevolano le Smart Land.
Si riportano di seguito le seguenti statistiche:
a) Sviluppo socio-economico e sanitario delle regioni
b) Correlazione tra sviluppo territoriale e epidemia Covid
c) % famiglie con banda larga e PIL pro-capite per regione
d) PIL pro-capite in migliaia di $ e banda larga per 100 ab. in Europa
e) PIL, computer e internet nei Paesi europei > 40 milioni di abitanti
f) Un miliardo in rete, il record di internet
a) Sviluppo socio-economico e sanitario delle regioni
Tra le statistiche territoriali emergono da tempo in Italia quelle riguardanti le Regioni. Le prime ricerche dell'autore di mondomatica.it risalgono al 1975, sui dati del censimento nazionale dell'ISTAT del 1971.
La raccolta e elaborazione di dati sul territorio è in continua evoluzione e l'argomento sta crescendo di interesse concordemente ai fenomeni sanitari, migratori, al turismo, alla potenzialità dei trasporti che rende i fenomeni locali meno statici e più dinamici, con una certa stagionalità, molto marcata in Italia.
Il volume dei dati e la variabilità delle fonti richiede attualmente sempre più l'osservanza di criteri di qualità dei dati secondo appositi modelli, quale quello dell'ISO/IEC 25012.
Lo standard è consigliato anche per assicurare la qualità dei dati nella gestione delle rilevazioni sul Covid "Gestion en las organizaciones basada en datos de calidad".
I rischi maggiori riscontrati nei fenomeni emergenziali, evidenziati sulla base delle caratteristiche di qualità basilari, sono il ritardo della comunicazione dei dati e la loro eventuale incompletezza.
I dati disponibili sono comunque sempre maggiori e la complessità dei fenomeni richiede elevate capacità di analisi e di sintesi. Anche per queste considerazioni ci si appella a nuove tecniche, come auspicato in Una speranza riposta è nell'Intelligenza Artificiale e in Morbosità delle regioni italiane e assistenza sanitaria nell'epoca del Covid-19.
Prima di rinviare a nuovi metodi moderni, tracciamo un breve excursus storico di contesto delle statistiche territoriali, o meglio regionali, esistenti negli anni '70, precedenti alla creazione di apposite istituzioni dedicate.
Gli indicatori di sviluppo sono stati per anni al centro dell'attenzione della statistica sociale, evidenziando nel presente caso il tema delle disuguaglianze tra le regioni.
Un esempio, datato, di elaborazione, riguarda lo studio dello sviluppo economico e sociale secondo i dati del censimento ISTAT del 1971 delle regioni Italiane (reddito, Istruzione, morbosità, assistenza sanitaria, condizione alloggi, disagi sociali) - Tesi di Laurea in Statistica Demografica di D. Natale "Orientamenti teorici e metodologici sulla costruzione degli indicatori sociali"), Sapienza Università di Roma, 1975.
Molte ricerche di quegli anni, e in tempi successivi, risentivano degli studi di Guglielmo Tagliacarne che aveva fondato nel 1955 l'Associazione Italiana degli studi di mercato (AISM), prestando da sempre attenzione agli indicatori e alle statistiche territoriali (G. Tagliacarne, "Il reddito prodotto nelle province italiane nel 1971", FrancoAngeli).
Per differenziare gli aspetti economici tra le regioni fu considerato come "benessere economico" il Reddito pro-capite, che risultava a sua volta correlato con il numero delle autovetture circolanti (0,92) ed il numero dei telefoni (0,90).
Per gli aspetti sociali erano considerati come "benessere sociale" i seguenti indicatori (alcuni scorrelati con il reddito):
- Istruzione (assenza di analfabetismo, diplomati, laureati), correlazione positiva con il reddito (0,66)
- Morbosità sanitaria (mortalità infantile, malattie infettive, età media dei decessi), correlazione con il reddito (0,21)
- Assistenza sanitaria (posti letto, numero di medici), correlazione con il reddito (0,45)
- Condizione alloggi (acqua potabile, bagno, occupanti per stanza), correlazione con il reddito (0,79)
- Disagi sociali (suicidi, tentati suicidi e reati non colposi), correlazione con il reddito (-0,81)
Gli indicatori sociali erano stati costruiti per finalità di:
- monitoraggio
- comparazione
- programmazione
Gli indicatori, al fine di determinarne una certa rappresentatività, furono selezionati con l'ausilio di matrici di correlazione e analisi fattoriali; furono elaborati con un programma scritto appositamente di 160 linee di codice in linguaggio Fortran. Le regioni, omogenee, furono determinate con il metodo tassonomico di Wroclaw. Fu proposto nel 1968 all’UNESCO dal Prof. Zymut Hellwig della Scuola di Economica di Wroclaw, citato da Carlo Tasciotti, in servizio al tempo presso la FAO, autore di “Misura dello sviluppo socio-economico delle regioni italiane - Un'applicazione del metodo Tassonomico di Wroclaw", Bulzoni, 1973. In vari settori il metodo era considerato idoneo per porre ordine, classificare e confrontare diverse aree territoriali. Nel caso specifico furono individuate le regioni italiane omogenee con criteri discriminanti, secondo 22 indicatori prescelti, standardizzati e trattati con ugual peso. Gli indicatori erano distinti in positivi e negativi. Praticamente alla base del metodo si situa la costruzione di una "regione ideale" che assume virtualmente il miglior valore (best in class) esistente tra tutte le regioni d'Italia per i vari settori (economico, istruzione, morbosità, assistenza sanitaria, condizione alloggi, disagi sociali). Dalla regione ideale teorica, assunta come termine ideale di paragone, si calcolava la distanza media di ogni regione o di gruppi omogenei di regioni.
Le regioni ideali per il benessere sia economico che sociale risultavano nel nord-centro:
- Lazio
- Liguria
- Lombardia
- Emilia Romagna
- Toscana
- Friuli Venezia Giulia
- Piemonte
- Umbria
Le regioni ideali per il solo benessere economico risultavano anch'esse nel nord-centro:
- Liguria
- Val d'Aosta
- Lombardia
- Piemonte
- Emilia Romagna
- Friuli Venezia Giulia
- Lazio
- Toscana
- Trentino alto Adige
Le regioni ideali secondo il solo benessere sociale risultavano collocate in varie aree geografiche, in parte al nord e in parte al sud:
- Lazio, Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Trentino Alto Adige, Umbria, Toscana per elevato livello istruzione
- Lazio, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Lombardia, Campania, Veneto per l'assistenza sanitaria
- Marche, Abruzzi, Molise per una bassa morbosità
- Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia per la buona condizione degli alloggi
- Basilicata, Calabria, Molise, Veneto, Campania per bassi disagi sociali.
Questa percezione del 1971 del divario nord-sud e del perseguimento dell'alta produzione e dell'alto PIL si riproponeva con alcune differenze nel 2001, con diversi elementi di maggior dettaglio relativamente allo sviluppo risultante più evidente al nord, come ben sintetizzato nel titolo del servizio sulla Qualità della vita "Puntano al nord i riflettori del benessere" (Cfr. Il Sole 24 Ore del Lunedì, 17 dicembre 2001, N. 347, pag.13-17).
Le regioni, secondo indicatori riguardanti ricchezza prodotta, risparmi, spese familiari, pensioni in ammontare e numero, abitazioni, risultavano con tenori di vita omogenei nell'ordine decrescente;
- Val d'Aosta e Trentino Alto Adige
- regioni dal Piemonte al Veneto
- dalla Liguria al Lazio
- dall'Abruzzo alla Sicilia e Sardegna
Significativi alcuni sottotitoli del servizio giornalistico:
- Milano conquista il primo posto per il prodotto lordo pro capite
- Le città marinare brillano per efficienza
- Molise e Basilicata, oasi e tranquillità
Complessivamente risultava sia economicamente che nella percezione delle persone un elevato addensamento di sviluppo socio-economico al nord, in parte al centro e più ridotto al sud.
b) Correlazione tra sviluppo territoriale e epidemia Covid
Il sud che sembrava più "arretrato" nel censimento 1971 secondo gli indicatori prescelti sta dimostrando di fatto una maggiore resilienza ai contagi diretti tra le persone.
Si noterà infatti, graficamente e sulla base delle distanze dalla regione ideale, che nella prima fase dell'epidemia - marzo-giugno 2020 - il cluster (negli anni '70-'80 con più basso sviluppo socio-economico) Puglia, Campania, Sicilia, Sardegna ed il cluster Basilicata, Calabria, è risultato corrispondente al più basso tasso epidemico della fase "iniziale" del 1 aprile 2020. Forse ciò potrà far rivedere i concetti di sviluppo sociale ed economico, che pur favorendo "ricchezza" non hanno favorito inizialmente il contenimento emergenziale dell'epidemia, dovuta ad un nuovo virus che risulta trasmesso sulla base di contatti fisici/respiratori a distanza ravvicinata.
Dai dati epidemiologici di inizio giugno 2020 la densità dei contagi proporzionati alla popolazione si è rivelata correlata positivamente (r=0,5) con il reddito pro-capite, sia del 1971 che del 2016, probabilmente quindi accompagnata con l'elevata industrializzazione. Le due serie di valori del reddito-pro-capite sono correlate tra loro con un r=0,88. Come dire che dove c'è stata più "ricchezza", intesa come fenomeno influenzato dal PIL nei suoi diversi aspetti e diverse concause, si sono riscontrati più contagi da contatto.
Si potrebbe quasi dire che l'alto PIL da solo non salva dalle epidemie del tipo verificatosi nel 2020, se non si interviene su un modello di sviluppo diverso e preventivo con più variabili di tipo combinatorio che possa conciliare economia, salute e ambiente. In questo senso lo sviluppo economico andrà accompagnato da ogni cautela a difesa della salute. Tutti auspicano che eventuali movimenti dell'industria al sud, nei nuovi modelli di sviluppo, tengano conto dei fattori che possono tutelare l'ambiente e la salute.
Nel 2020, per quanto riguarda l'aspetto epidemico del Covid, la situazione del nord e sud si sta presentando diversamente. Il Covid ha interrotto la correlazione tra alto reddito pro-capite e speranza di vita. Il Covid ha alterato le tendenze della morbosità generale come intesa in passato? Ciò andrà approfondito più attentamente in futuro.
Dal 2021 in poi le analisi statistiche regionali sono state agevolate da metodi molto sofisticati, supportati progressivamente da nuovi sistemi di rilevamento e attualmente da nuove misure relative all'uso degli smartphone (es. app immuni), ecc., per cui molto di quanto prima descritto va rivisitato, ma comunque offre un panorama di partenza di un certo interesse storico-sociale.
In qualche modo si può dire che la statistica ha avuto un ruolo basilare nel comprendere questa epidemia improvvisa e all'inizio misteriosa.
Semplificando di molto i metodi statistici e concentrandosi per brevità su un solo indicatore, concernente il numero di contagi attuali rapportato all'ammontare della popolazione, si deriva quanto riportato con rappresentazioni geografiche semplificate dei dati sul Covid.
c) Italia digitale, strategia cercasi
Da Il Sole 24 Ore del 17 dicembre 2020 pag. 41 (nòva.tech) si riporta il punteggio delle regioni italiane e provincie autonome secondo il DESI (dati di metà 2019). Essi evidenziano il digital divide tra i territori. Il giornale sollecita una pianificazione chiara per l'utilizzo dei 100 miliardi europei in arrivo, come una opportunità da non perdere.
La quantificazione dell'indice DESI (Digital Economy and Society Index) è derivata da una molteplicità di fattori:
- Connettività
- Capitale umano
- Uso di internet
- Integrazione tecnologica digitale
- Servizi pubblici digitali
con i seguenti risultati dell'Italia (ultima in Europa, nonostante i progressi a livello centrale):
- Lombardia 72,0
- Lazio 71,5
- P.A. Trento 68,9
- Emilia Romagna 66,4
- Friuli V.G. 65,0
- Toscana 61,9
- Veneto 59,6
- P.A. Bolzano 57,8
- Liguria 57,5
- Umbria 56,7
- Piemonte 56,1
- Italia 53,8
- V.d'Aosta 53,5
- Marche 46,8
- Abruzzo 41,1
- Sardegna 40,5
- Campania 34,9
- Puglia 28,2
- Basilicata 27,8
- Sicilia 26,6
- Molise 24,8
- Calabria 18,8
Sono dati su cui riflettere in un'epoca in cui l'uso di internet sta passando dal tempo libero allo smart working, allo smart teaching/smart learning e ad un sempre maggior numero di servizi digitali.
d) % famiglie con banda larga e PIL pro-capite per regione
Dal sito noi-italia.istat.it si riporta la percentuale delle famiglie con banda larga per regione e provincie autonome, da dove si evincono valori elevati per le provincie di Bolzano e Trento, valori bassi per Calabria e Basilicata. Tenendo conto anche dell’andamento del PIL pro-capite emergono ulteriori informazioni tendenziali, all’esterno della fascia di confidenza visibile sul grafico (probabilià 95%, R quadro 0,6), che non si notano dalla semplice graduatoria: in basso si nota che anche la Liguria e la Val d’Aosta potrebbero avere una maggiore propensione alla banda larga; in alto la Sardegna appare come best in class rispetto al PIL, così come il Friuli_Venezia Giulia.
(% banda larga 2014 - PIL pro-capite 2012)
Bolzano: 72,9 - 32,2
Trento: 68,4 - 26,5
Sardegna: 67,8 - 17,1
Friuli-Venezia Giulia: 67,4 - 26,0
Lombardia: 67,1 - 29,4
Emilia-Romagna: 66,5 - 28,2
Toscana: 65,8 - 25,1
Lazio: 64,9 - 26,2
Veneto: 64,9 - 26,2
Marche: 64,4 - 23,0
Piemonte: 63,3 - 24,9
Umbria: 61,6 - 20,5
Val d’Aosta: 60,8 - 30,8
Abruzzo: 59,8 - 19,3
Liguria: 58,5 - 24,2
Puglia: 57,4 - 15,1
Molise: 56,9 - 17,0
Campania: 56,6 - 14,4
Sicilia: 54,6 - 14,5
Calabria: 53,0 - 14,4
Basilicata: 51,8 - 15,7
e) PIL pro-capite in migliaia di $ e banda larga per 100 ab. in Europa
Si notano in rete numerosi studi quantitativi sull’argomento a livello Europeo, nazionale e regionale. Numerosi sono i fattori in gioco quali gli investimenti nel settore, l’offerta tecnologica, i servizi resi e i costi. E’ comune la percezione del Digital divide. Come esercizio statistico si riportano le seguenti riflessioni che collegano l’aumentare del PIL con il numero degli abbonamenti di banda larga, considerata vitale per l’economia moderna.
In Europa gli abbonamenti per 100 abitanti di banda larga che risultano i più alti rispetto all’andamento del PIL riguardano i Paesi Bassi, Danimarca, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Malta, Estonia. I Paesi in cui gli abbonamenti risultano inferiori rispetto all’andamento del PIL sono: Norvegia, Austria, Irlanda, Italia, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia. Gli altri seguono l’andamento medio.
L’Italia, con i suoi 22 abbonamenti per 100 abitanti, appare al di sotto dei valori medi. Nei limiti della accentuata dispersione dei dati (R quadro, che deve essere compreso tra 0 e 1, risulta infatti solo pari a 0,4), si desume con un certo margine di errore che per avvicinarsi all’andamento medio, rispetto al proprio PIL, l’Italia dovrebbe raggiungere un valore attorno ai 24-28 abbonamenti per 100 abitanti, o meglio superare i 28 per far parte dei Paesi Best in class.
Paesi dai 5 milioni di abitanti in su
Considerando i Paesi dai 5 milioni di abitanti in su, gli abbonamenti per 100 abitanti di banda larga che risultano i più alti rispetto al PIL sono relativi a: Paesi Bassi, Danimarca, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio. I Paesi in cui gli abbonamenti risultano inferiori rispetto alle potenzialità del PIL sono: Norvegia, Austria, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Gli altri costituiscono l’andamento medio.
L’Italia, con i suoi 22 abbonamenti per 100 abitanti, risulta comunque al di sotto dei valori medi. Nei limiti della dispersione dei dati (R quadro, il cui valore deve essere compreso tra 0 e 1, risulta pari a 0,6), si desume con un relativo margine di errore che per avvicinarsi all’andamento medio, rispetto al proprio PIL, l’Italia dovrebbe raggiungere anche in questo caso un valore attorno ai 24-28 abbonamenti per 100 abitanti, o meglio superare i 28 per far parte dei Paesi Best in class.
I dati analitici, alla base dei grafici inediti esposti, riguardano il 2012 e sono tratti da “Il mondo in cifre 2015” pubblicato da “The Economist”, di seguito riportati.
Paese, Abbonamento di banda larga per 100 abitanti, PIL pro-capite in migliaia di $
Paesi Bassi: 40, 46
Danimarca: 39, 56
Francia: 38, 40
Norvegia: 36, 99
Regno Unito: 34, 39
Germania: 34, 43
Belgio: 33, 43
Lussemburgo: 32, 104 (*)
Malta: 32, 21 (*)
Svezia: 32, 55
Finlandia: 30, 46
Estonia: 26, 17 (*)
Austria: 25, 47
Spagna: 24, 28
Slovenia: 24, 22 (*)
Grecia: 24, 22
Ungheria: 23, 13
Irlanda: 23, 46 (*)
Lettonia: 23, 14 (*)
Portogallo: 23, 20
Italia: 22, 34
Lituania: 21, 14 (*)
Cipro: 19, 26 (*)
Bulgaria: 18, 7
Polonia: 16, 13
Repubblica Ceca: 16, 19
Romania: 16, 8
Slovacchia: 15, 17
(*) Paesi con meno di 5 milioni di abitanti
Ovviamente oltre agli auspicabili incrementi di abbonamenti ci si aspettano maggiori velocità e disponibilità di contenuti significativi dei servizi con alti livelli di accessibilità e usabilità.
(Post-elaborazioni del 13 dicembre 2014 sulla base dei dati da “Il Mondo in Cifre 2015” - The Economist)
f) PIL, computer e internet nei Paesi europei > 40 milioni di abitanti
Paesi europei con più di 40 milioni di abitanti che hanno, ogni 100 abitanti, più di 50 computer, più di 20 abbonamenti banda larga:
PIL pro-capite in $
Germania: 40.120
Francia: 39.450
Regno Unito: 36.340
Italia: 34.080
Spagna: 30.550
Computer ogni 100 abitanti
Regno Unito: 99
Germania: 83
Francia: 82
Italia: 56
Spagna: 53
Anche se i dati sono pochi si intravvede che all’aumentare del PIL aumenta il numero dei PC. Il Regno Unito è per i PC notevolmente al di sopra delll’andamento medio. Gli altri Paesi sono sotto la media. L’Italia in coerenza con il suo PIL, nei limiti dovuti ai pochi dati considerati, dovrebbe avere attorno a 67 PC ogni 100 abitanti e non 56.
Abbonamenti banda larga ogni 100 abitanti
Francia: 34
Regno Unito: 32
Germania: 32
Spagna: 23
Italia: 22
All’aumentare del PIL aumenta anche il numero degli abbonamenti di banda larga. La Francia, il Regno Unito e la Spagna sono per la banda larga al di sopra dell’andamento medio. Germania e Italia sono sotto la media. L’Italia in coerenza con suo il PIL dovrebbe avere attorno a 26 abbonamenti di banda larga ogni 100 abitanti e non 22.
(fonte dei dati 2010 “Il Mondo in cifre 2013” The Economist)
g) Un miliardo in rete, il record di internet
Un miliardo di essere umani naviga in internet (da il Messaggero, 25 Gennaio 2009, pag. 18). I dati dei visitatori in milioni per i Paesi d’Europa con più di 40 milioni di abitanti:
Germania: 37
Gran Bretagna: 37
Francia: 34
Italia: 21
Spagna: 18
rapportando i visitatori in rete alla popolazione (da “Il Mondo in cifre 2012” The Economist) si ottengono i seguenti dati percentuali:
Gran Bretagna: 60
Francia: 55
Germania 45
Spagna: 40
Italia: 35
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